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L'Orso delle Dolomiti
Lo abbiamo visto lo scorso agosto, con il caso di Vida, l’Orsetta che, mossa da un’incontenibile voglia di muoversi nel suo nuovo territorio, attraversò l’autostrada del Brennero, venendo investita da un’automobile tedesca. Nessuno, a parte la povera Vida, rimase neanche lievemente ferito nell’incidente, ma l’episodio, che subito ebbe molta risonanza, anche
nazionale,
diede la stura a una serie di articoli e di lettere inviate ai giornali,
in cui di gran lunga prevalevano le preoccupazioni per i rischi corsi
dagli occupanti dell’automobile, e quindi le critiche all’intero
progetto di reintroduzione dell’orso, ipotizzando per il futuro vere
catastrofi quando il numero degli animali dovesse incrementarsi e passare
alle alcune decine sperate. Solo qualche animalista sfegatato osava
evidenziare che in fondo ad avere la peggio e ad uscirne malconcia era
stata proprio Vida. Chiarito che siamo ovviamente i primi a rallegrarci che
sia andata così e non viceversa, e che semmai questo campanello
d’allarme dovrebbe indurre i responsabili degli organi provinciali a
mettere finalmente in cantiere opere di protezione attiva (sottopassaggi,
sovrappassi, incanalamento mediante reti protettive dei percorsi per la
fauna), ci sembra però che l’incidente abbia messo in evidenza un
fatto. Malgrado la mutata sensibilità generale verso gli animali ed il
loro ambiente, il concetto del ripristino di un equilibrio tra le specie
attraverso la reintroduzione dei predatori, non può affatto essere dato
per accettato. L’idea che l’orso, il lupo, la lince ritornino ad
abitare i nostri boschi, può anche emozionare, può essere vista come
potente strumento di promozione turistica, ma, a una disanima più
attenta, trova ostacoli fortissimi. Eppure in apparenza il ragionamento
sembra portare ad una sola conclusione: i predatori sono scomparsi dal
nostro territorio in epoche non remotissime (la memoria storica della loro
presenza è ancora ben presente) a causa di sistematiche uccisioni da
parte dell’uomo, che li ha considerati concorrenti nella caccia e
dannosi per gli allevamenti, li ha bollati come "belve feroci" o
" bestie nocive", e quindi sterminati. Con questo però l’uomo
ha commesso un grosso errore di comprensione dei meccanismi di equilibrio
che governerebbero i rapporti naturali tra le specie se non ci si mettesse
lui di mezzo. Secondo molti naturalisti la reintroduzione dei grandi
carnivori in Trentino è addirittura un passo obbligato se l’obiettivo
ultimo è quello di un migliore rapporto uomo/ambiente. Innanzitutto va
sottolineato che un ecosistema la cui piramide alimentare sia priva di uno
dei gradini è un ecosistema incompleto, incapace di mantenersi
autonomamente in equilibrio, che necessita il continuo intervento
dell’uomo sotto forma dei cosiddetti "abbattimenti selettivi".
La selezione "naturale" non può però, per sua stessa
definizione, essere applicata dall’uomo: nessun censimento, nessuna
ricerca sul campo, nessuno studio scientifico ci metterà mai in grado di
compiere il meccanismo della selezione con la stessa precisione e
accuratezza della natura stessa. D’altra parte, da un punto di vista più
pratico e realistico, è fuor di dubbio che la presenza di specie quali
l’orso, il lupo e la lince, cosiddette "specie bandiera" di
molti progetti di conservazione (ovvero specie che suscitano l’interesse
dell’opinione pubblica), attirerebbe sulle nostre montagne un flusso
turistico maggiore, con conseguenti vantaggi sull’economia locale.
Logico quindi pensare alla loro introduzione, oggi che le nostre
conoscenze ci hanno fatto capire (o siamo troppo ottimisti?) molto di più. Le
amministrazioni della Bassa valle, danno il via agli incontri di cultura
ambientale. I sindaci promuovono l'orso. Life ursus, mostra sostenuta
dall'Unione europea A partire da domani il Parco Adamello Brenta ha
messo in calendario una serie di iniziative dedicate alla cultura
ambientale nei sette comuni della Bassa Val di Non. Si incomincia con due
tappe dello stand dedicato all'orso, un incontro con gli anziani di
Sporminore e sette serate tematiche curate dai vari enti aderenti
all'iniziativa. Il progetto, voluto dai comuni della Bassa Val di Non,
vede la collaborazione del Museo tridentino di scienze naturali,
dell'Agenzia provinciale per la Protezione dell'ambiente, della Rete
trentina di educazione ambientale e dell'Istituto agrario di San Michele
all'Adige. "Un parco per l'orso", stand itinerante curato dal
Gruppo di ricerca e conservazione dell'orso bruno (operante presso il
Parco naturale Adamello Brenta), arriva lunedì 27 gennaio alla sala
civica di Sporminore dopo il successo fatto registrare a Pinzolo durante
il periodo natalizio. Lo stand sarà aperto fino al 9 febbraio con orari
mercoledì e venerdì dalle 20 alle 21, sabato dalle 17 alle 19, domenica
dalle 11 alle 12 e dalle 20 alle 21. Dal 14 febbraio al 2 marzo la mostra
sull'orso sarà invece a Denno, presso il comune, dal lunedì al giovedì
dalle 9 alle 12 e dalle 14 alle 17, venerdì dalle 9 alle 12, domenica
dalle 10.30 alle 12. Per il giorno dell'inaugurazione a Sporminore (ore
14), è prevista anche una visita guidata con uno degli esperti del Parco,
con partecipazione aperta a tutti, particolarmente gradita sarà la
presenza dei soci del Circolo anziani. La mostra è costituita da pannelli
informativi e supporti multimediali e rientra nelle attività didattiche e
culturali previste dal Progetto Life ursus sostenuto dall'Unione europea.
Chi visiterà l'allestimento potrà saperne di più sul plantigrado a
tutto tondo: dalla sua biologia alla storia della sua scomparsa al
progetto per promuoverne il ritorno. Giovedì 30 gennaio, alle 20.30, a
Sporminore (sala civica) è in programma la prima delle 7 conferenze del
programma "I giovedì dell'ambiente": il Gruppo di ricerca e
conservazione dell'Orso bruno del Parco naturale Adamello Brenta presenta
"L'orso nel mito e nella leggenda".
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